Il loro essere al di fuori del tempo, al di fuori della ragione e al di là dell’immaginazione, come sospese sul file che divide realtà e sogno, immerse in territori infiniti, fa sì che le immagini create da Kusterle si tingano di quell’aura mitica e magica delle favole d’un tempo.
E’ come un discorso parallelo: le immagini ‘anacronistiche’ dell’artista alludono al mito, possedendone la particolare suggestione creata da personaggi che si confrontano con le ignote grandiose forze della terra e dell’universo in un misto di espressionismo e surrealismo, in una sorta di nuovo originale e raffinato manierismo.
Se già nei ritratti della serie intitolata ‘Riti del corpo’ le immagini potevano richiamare alla mente dei o semidei di religioni antiche, dalle sembianze umane e animali insieme, ora il pensiero va alle storie narrate dagli antichi dai tempi che furono e tramandate nel corso dei secoli.
Il pensiero potrebbe ad esempio riandare a vicende bibliche nel caso delle pesche miracolose narrate nelle immagini di ‘Riserva di pesca’ o nella scena con la caduta del ‘cotone benedetto’. Mentre la mitologia greca antica viene chiamata in causa direttamente dalla figura di Sisifo, ovvero dall’uomo che si fa carico di un enorme fascio di rami e paragonato al personaggio mitologico punito da Zeus ma, se nel mito greco lo sforzo immane del protagonista è aggravato ulteriormente dalla sua inutilità, la fatica di questo nuovo Sisifo non sembra per nulla senza senso bensì pare rispondere ad una necessità imperscrutabile e, in certo qual modo, etica.
‘Il falconiere di Circe’ rimanda ad atmosfere presenti nel grande poema epico omerico dell’Odissea, mentre ‘La fortuna dei poveri’ assume una singolare aura mitologico – biblica per una rinnovata presenza di un senso etico – morale sottointesa all’immagine.
Come non pensare a Leonardo da Vinci poi nella serie di immagini che hanno per tema l’iniziazione al volo con uomini dotati di straordinari marchingegni alati o di fronte a lezioni di volo simpaticamente impartite da altri uomini agli uccelli stessi. Miti lontani, antichi, moderni e contemporanei mai narrati e mai conosciuti, in attesa di essere riscoperti e in certo qual modo rivissuti, quasi riemergessero da ricordi perduti.
Ovviamente in questo caso è l’ambientazione a giocare un ruolo decisivo: un’ambientazione intesa come scelta di un sito particolare, non identificabile per elementi suoi specifici, contingenti, che non reca riconoscibili segni del tempo; ed un’ambientazione intesa altresì come invenzione di una luce sempre riferita ad un’indefinita, forse inesistente, ora del giorno.
Il mare, il cielo, la terra concentrano in sè mille altri mari, mille altri cieli, la terra tutta. Una ‘laguna sacra’, la distesa di un mare incommensurabile, una radura della cui esistenza e lecito dubitare, una collina di terra deserta, il greto di un fiume per sempre scomparso: l’ambientazione di tutte queste opere è sempre una realtà senza tempo nè luogo.
Ogni elemento della natura funge non soltanto da sfondo ma viene a ricoprire il ruolo di protagonista in queste immagini, con il suo carico di magica energia e di profonda suggestione.
Una magica energia fatta di terra e di luce come quella che viene a proteggere il sonno di una fanciulla cullato dalla musica del violino suonato da una volpe e una profonda suggestione che giunge inattesa da un cara muta di pesci affioranti dall’acqua.
Una magia dalle suggestioni, dai toni e dai luoghi tipici della fiaba è quindi presente nella serie dedicata a ‘Il bambino e il suo bosco’, dove chi guarda è condottoper mano dal bambino che attraversa un ‘suo’ bosco misterioso alla scoperta di una natura fantastica, ricca di sorprese e fonte inesauribile di incredibili rivelazioni.
Sono proprio gli occhi del bambino quelli che ci permettono di credere alla verità di ciò che guardiamo: alla vita di un albera, a uova gigantesche, a rane enormi.
E alla magia si mischia il timore, alla verità la menzogna: ironia e dramma, commedia e tragedia da sempre strumenti opposti e complementari, egualmente assolutamente necessari per pater interpretare il mondo, la vita come la marte, finiscono per intrecciarsi e confondersi anche in queste immagini.
In questa fusione di varie e antitetiche componenti l’opera di Roberto Kusterle non si rivela soltanto quale opera di un artista dall’originale estro creativo ma scopre altresì il suo spirito profondamente mitteleuropeo. Uno spirito ‘torbido e malinconioso’ per valersi degli aggettivi che qualcuno* ha utilizzato per descrivere la città più mitteleuropea e più magica che si possa conoscere, Praga: una città “con un alone di lugubrità e di sfacelo, con una smorfia di eterna disillusione”, un “manicomio metafisico (…): manicomio e ad un tempo palcoscenico dell’universo, con spècole e scale da capogiro e macchine buffe e con jazz e coi cammelli che Rimbaud si trascina sin dentro la stanza d’affitto, una stanza molta kafko-praghiana”.
Questo manicomio metafisico, palcoscenico dell’universo rivive in forma assolutamente autentica nelle immagini di Roberto Kusterle che in un mondo contemporaneo dove tutto appare come perdita e deterioramento, recupera atmosfere e spiritualità arcaiche, mitiche, leggendarie sempre volte a cercare di dare un senso a ciò che siamo, oltre le più ovvie apparenze.
Franca Marri