“Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi.
Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione,
e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser.
E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo…come lacrime nella pioggia.
È tempo…di morire!”
Roy Batty (Blade Runner)
Il rapporto uomo-macchina, il potere mediatico, la clonazione, la sovrappopolazione, le mutazioni biogenetiche , queste alcune delle tematiche e delle tensioni che caratterizzano lo spirito di questo tempo.
il progresso scientifico continua a superare le profezie più ardite della fantascienza, basti pensare all’ uso della realtà virtuale in chirurgia o alla pecora Dolly, e a tutte le nuove tecnologie che hanno ormai spostato l’asse del futuro in direzioni imprevedibili solo pochi decenni fa. Roberto Kusterle ormai da qualche anno indaga un universo dell’ibridazione che rende particolarmente affascinante l’orizzonte di una possibile mutazione. I tagli arditi, perché esasperatamente classici, delle immagini, l’inquadratura ravvicinata che indugia sulla pelle spesso screpolata dei soggetti, lasciano continuamente presagire l’imminenza di qualcosa. Il fantastico, nelle opere di Kusterle, non si nota a prima vista, ma è sempre presente. Tutti i corpi ‘scelti’ hanno un fascino magnetico, ma non sono umani. Sono personaggi immaginari e mostruosi, che Kusterle, crea dall’assemblaggio di parti anatomiche umane e da un universo vegetale o animale.
Nei visi c’è spesso qualcosa che non va, qualche strana imperfezione che denuncia un concepimento da laboratorio in perfetto stile Blade Runner. La bellezza della ripresa fotografica qui coincide con una ricerca del dettaglio che è pari ad una rappresentazione quasi scientifica dei corpi descritti, troppo ricercata per leggersi in termini di realismo. Quello che lo spettatore nota, invece, è che il tempo passa sulle superfici dei corpi, il dettaglio esalta i cambiamenti in atto, nell’incertezza di una visione globale. Dietro le sembianze di questi corpi potrebbe nascondersi un cyborg, un esperimento genetico, una creatura aliena.
Il tema della mutazione e dei suoi scompensi, è fondamentale nelle immagini di Kusterle, come nei film della migliore fantascienza, Kusterle ‘costruisce’ corpi ‘sconvolti’ da modelli estetici proposti dalla tradizione di un’arte visionaria che sceglie la creazione alla rappresentazione, e per le nuove scoperte dell’ingegneria genetica, progettare in laboratorio una razza eletta e omologata sembrerà presto un’ipotesi plausibile.
Figura indecifrabile e affascinante Roberto Kusterle, attraverso le sue opere, costruisce dei veri e propri diari visivi che mescolano frammenti di varie mitologie prodotte nella storia dell’umanità, da quelle più classiche e remote, fino a quelle contemporanee più anomale e bizzarre, dando vita a un universo della mutazione che realizza quasi un atlante delle trasformazioni. Kusterle sembra riflettere sul mondo di oggi, dove i concetti di nascita, vita, invecchiamento e morte stanno cambiando con rapidità, e sa che potrebbe mutare la stessa definizione di normalità, condizionata dai modelli imposti dall’industria genetica e dai mezzi di comunicazione. Anche per questo uno degli elementi della sua opera è proprio l’invito ad una riflessione su un mondo che abbraccia sempre di più l’industria biogenetica per modificare, alterare e costruire la propria immagine. Ma Roberto Kusterle è un autore colto che sembra voler gestire con poeticità il terrore comune dell’anormalità, le immagini di Kusterle ci invitano a porci delle domande sul senso stesso della nostra esistenza: cos’è che ci fa essere ciò che siamo? E soprattutto, se il nostro corpo può davvero essere distrutto e ricostruito attraverso la tecnologia, quali implicazioni ha tutto ciò sulla nostra identità di esseri umani? Si intuisce una profonda conoscenza della storia dell’arte nelle opere e negli sguardi e nelle riprese di Kusterle, e in un paesaggio culturale arido, sfregiato da continui atti antiestetici, il suo lavoro si distingue immediatamente proprio perché, invece, caratterizzato da un tocco estetico che invece di creare sgomento crea bellezza. Ciò che lo rende così interessante è proprio il suo utilizzo dell’estetica per sviluppare una posizione etica riguardo ad uno dei maggiori interrogativi del nostro tempo, ovvero la differente concezione di vita e natura sotto il furibondo attacco della tecnologia. E anche il ricorso alla visionarietà dell’arte, da sempre feconda e potente macchina di produzione di esseri ‘diversi’ dagli umani.
Kusterle preferisce creare un mondo artificiale in cui creature ibride ed esseri umani convivono in perfetta armonia estetica. E così il suo lavoro si colloca acutamente tra bellezza e ideologia.
Corpi umani e piante e fiori e animali e terre…Il risultato è una natura morta che sprizza brividi di vitalità in cui dee e dei della bellezza dei nostri giornii, si pongono come inquiete icone, che appaiono con gli occhi chiusi, o di spalle e in posizioni in cui gli occhi non si lasciano vedere. La manipolazione dell’immagine è il procedimento seguito da Kusterle, il rapporto tra il corpo umano e il mondo vegetale sottintende un ventaglio di altri significati, inclusa la bellezza, il sesso, la spiritualità e la morte. Kusterle affronta l’immagine, soprattutto, nella chiave di eternità/conservazione frutto del perfetto equilibrio tra realtà e immaginazione, ecco perché è il corpo umano il filo conduttore delle sue foto, interpretato nella duplice valenza di insieme di organi pulsanti e di entità da associare a supporti ‘altri’ che partecipano alla sua sopravvivenza. Tutte le sue immagini producono una doppia polarità che sembra congelare la vitalità in una forma esemplare e definitiva, e così l’immagine diventa riflessione sul paradossale desiderio di immortalità che l’arte cova dentro di sé e che è indispensabile alla pratica di qualsiasi linguaggio. Sembra trasparire, anche, nelle immagini di Kusterle, il tema di una bellezza poetica e ‘screpolata’, la ricerca dell’elisir dell’eterna bellezza, una bellezza che tocca tutte le età e tutte le razze, fino a evidenziare un segmento del mondo incantato delle favole.